Emanuele Arielli e Lev Manovich
in NODES 19-20 →
2022
doi.org/10.57633/NODES-19-20/1-ITA
Dall’inizio del XXI secolo, tecnologie come le reti neurali, il deep learning e l'”intelligenza artificiale” (IA) sono entrate gradualmente nel dominio della produzione artistica. Assistiamo allo sviluppo di sistemi che sono in grado di valutare artefatti secondo criteri artistici ed estetici osservando le preferenze delle persone. Inoltre, l’IA è stata usata per generare nuovi artefatti. Quando una macchina dipinge un Rembrandt, compone una sonata di Bach o completa una sinfonia di Beethoven, tuttavia siamo tentati a dire che questa non è né creazione originale né vera arte, ma semplicemente la complessa imitazione e riproduzione di prodotti della cultura umana. Ci troviamo di fronte alla vecchia questione sulla natura della creatività: che tipo di ricombinazione di idee, analogie insolite e connessioni concettuali sono considerate originali? L’IA può produrre opere d’arte? Le macchine potrebbero raggiungere un punto in cui le consideriamo veramente creative? Dobbiamo anche indagare le sfide poste dall’arte dell’IA in relazione alla nozione di autorialità: chi è l’autore di un artefatto generato artificialmente? Un sistema artificiale potrebbe essere considerato solo lo strumento di un artista e di un programmatore. Tuttavia, siamo affascinati dall’idea di una creatività artificiale autonoma nel campo estetico. Questo articolo cercherà di definire alcune questioni centrali su cosa significa considerare una macchina creativa o addirittura dotata di intenzionalità artistica.
Cite this article:
Arielli, E., e Manovich, L., (2022). Estetica dell’intelligenza artificiale e il mito antropocentrico della creatività.
Nodes (19-20):8-15, Numero Cromatico Editore, Roma